C’è chi gli piace alto tre dita, e chi invece lo preferisce con ingredienti che vanno dal rosmarino, alle scorze di arancia, ma in famiglia Coli il castagnaccio con la ricetta che mi ha insegnato la nonna non ammetteva troppe divagazioni: farina di castagne, pinoli, noci e uvetta.
Anche con i nomi è difficile andare d’accordo con tutti, un po’ perché questo dolce è antichissimo. E’ d’uso comune su tutti i versanti appenninici del centro nord, un po’ perché c’è sempre il gusto di dare un nome anche alle varianti, così il castagnaccio ( ma conosco diverse persone in Toscana che lo chiamano migliaccio). Qualcuno mi ha anche detto che si trova anche in Corsica, ed in effetti non mi meraviglia più di tanto visto che in certe zone dell’isola si parla una specie di dialetto toscano.
Se ricordo bene lo stesso Napoleone Bonaparte, parlava anche in dialetto toscano, e se c’era da bestemmiare ( cosa tipica dei toscani veraci e campagnoli) ‘moccolava’ di brutto.
Ma questo delle varianti e delle tipologie di ingredienti che cambiano non c’è da meravigliarsi più di tanto visto che è un po’ il filo rosso della tradizione in cucina.
Veniamo agli ingredienti per fare una teglia di castagnaccio che ho preparato come di consueto per Giacomo Coli, Belinda Coli, Gianluca Coli e Filippo Coli:
• 400 grammi di farina di castagne
• 50 grammi di pinoli sgusciati
• 50 grammi di noci sgusciate
• 80 grammi di uvetta
• sale
• olio extravergine di oliva
Va detto che Giacomo Coli, quando gli ho riferito che avrei portato ad assaggiare in cantina Coli il castagnaccio, mi ha ricordato che era un sacco di tempo che non lo preparavo anche se in verità è semplicissimo. Si prende la farina di castagne e si controlla che non ci siano ‘grumi’, se è tutta bella setacciata la si mette dentro un recipiente grande. Si aggiunge lentamente dell’acqua a temperatura ambiente (no calda), per ottenere una pastella di una consistenza fluida. Servirà più o meno mezzo litro di acqua.
Si aggiungono due cucchiai di olio extravergine di oliva, un pizzico di sale fino e l’uvetta che in anticipo è stata lavata e tenuta a bagno maria per farla rinvenire. Si aggiungono i pinoli e le noci sgusciate e spezzettate, mescolate il tutto. Adesso si versa tutto l’impasto in una teglia rettangolare, dove è stato versato un po’ di olio sul fondo per evitare che si attacchi durante la cottura in forno. Dovrà risultare alto circa un dito o poco di più.
( anche se come detto prima ci sono alcuni che preferiscono la versione più alta, che certamente riempie di più ma che come gusto – e questo lo diceva la nonna – non c’è paragone).
Prima di metterlo nel forno bello caldo (200 gradi circa) aggiungete a discrezione dei pinoli sulla superficie dell’impasto e se vi piace anche qualche foglia di ramerino ( ma è un optional). Tenete in forno per circa 30 minuti, fino a quando non vedete che la superficie si è fatta tutta screpolata, colore del bronzo, croccante.
Mi si dice ( Belinda Coli) – ma io sono troppo giovane per saperlo- che il castagnaccio è tornato di moda solo in tempi recenti. I gran parte per la semplicità degli ingredienti e perché è un dolce che compare anche nelle ricette vegetariane, vegani e macrobiotiche. Insomma va davvero bene su tutte la tavole e per tutti i palati, sano, genuino, naturale.
Era un piatto povero, che mangiavano solo le famiglie che vivevano arrampicate sui versanti degli Appennini in mezzo ai boschi di castagno. Poi da essere un piatto povero è salito di grado e ora aspettiamo che qualcuno ne faccia una versione ‘gourmet’!
Comunque anche se i fiorentini sostengono si tratti di una ricetta tipica della città, qui si sbagliano, perché in realtà è originaria della lucchesia, così ci dice una nota di un autore del 1500, tal Ortensio Lando in quale ci informa che detto castagnaccio sarebbe invenzione di un certo Pilade da Lucca che proprio per questa ricetta venne lodato.
Il castagnaccio sia caldo appena sfornato o anche freddo, si accompagna benissimo sia con vini rossi da tavola, o anche con i dolci tipo vinsanto.